Parrocchia CATTEDRALE

SS. Pietro e Paolo

 

Cattedrale 19 settembre 2013 

 

Triduo in onore

di Maria SS. de La Salette

           

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scritto da Giovanni Rocca

Per tradizione la festa a Maria SS. De La Salette si svolge il 19 settembre, giorno in cui è apparsa.

La Cattedrale di Lamezia Terme, ad oggi, è l’unica Cattedrale d’Italia nella quale si venera la Madonna de la Salette.

Un triduo di preghiera dedicato in onore a Maria SS. De La Salette, con la solenne esposizione della statua e la preghiera di affidamento.  Tre giorni dedicati esclusivamente alla Madre di Dio, con il pio esercizio del rosario, la Via Crucis e nel giorno della festa l’Adorazione Eucaristica comunitaria.

Il parroco Don Isidoro Di Cello, nella sua omelia, ha ribadito che la Madre di Dio apparsa con le mani sul viso piange per i nostri peccati, e vuole che ognuno di noi si converta e si salvi; piange per tutto il male che sovrasta la terra e l’allontanamento dell’uomo da Dio. La Madonna viene a noi  per portarci il Redentore e ci invita ad imparare a fidarci e ad affidarci di più a Lui. Lei è la Porta che conduce al nostro Signore; solo chi è in lui avrà la vita eterna.

Preghiera alla  BEATA VERGINE MARIA  DI LA SALETTE

 

 O nostra Signora di La Salette, vera Madre addolorata, ricordati delle lacrime che hai versato per me sul Calvario; ricordati anche della cura che hai sempre avuto per me nel sottrarmi alla giustizia di Dio e guarda se, dopo aver fatto tanto per questo tuo figlio, puoi abbandonarlo. Rianimato da tale consolante pensiero, mi prostro ai tuoi piedi, nonostante le mie infedeltà e ingratitudini. Non respingere la mia preghiera, o Vergine riconciliatrice, ma convertimi e fammi la grazia di amare Gesù sopra ogni cosa, e anche di consolare Te con una santa vita, affinché io possa un giorno contemplarti in Cielo. Così sia.

Nostra Signora di La Salette, riconciliatrice dei peccatori, ottienimi la grazia di santificare le feste e la domenica, giorno del Signore, come Egli chiede ai suoi figli. Intercedi inoltre, Madre addolorata, affinché sia estirpato dalla nostra Patria il grave peccato della bestemmia.

   Nostra Signora di La Salette, prega per me che ricorro a Te

 

Madonna de La Salette, riconciliatrice dei peccatori

In questa apparizione, la Santa Vergine piangeva, ed è a causa di queste lacrime della Madre di Dio, che accompagnano l'annuncio delle grandi prove sofferte nei nostri tempi dal mondo, che tanti fedeli considerano l'avvenimento di La Salette con un rispetto particolarmente fervente e vi trovano, con questa lezione di penitenza che è stata reiterata a Lourdes e a Fatima, una fonte di conversione interiore e di vita spirituale, per loro la più valida tra le altre.

Il presente documento è stato prelevato da sito www.medugorje.it:

LA STORIA DELL’APPARIZIONE DE LA SALETTE

L' apparizione di Maria a La Salette ai due pastorelli Mélanie Mathieu-Calvat, di quattordici anni, e Maximin Giraud, di undici, il 19 settembre 1846, ha avuto subito una grande risonanza. Insieme a tante persone ignote alla storia, uomini di cultura con prospettive assai differenti tra loro, come san Pierre-Julien Eymard, san Giovanni Bosco, Louis Veillot, Léon Bloy, Jacques Maritain, Maurice Blondel, Paul Claudel, Thomas Merton, ne rimasero affascinati. In particolare, Blondel scriveva:     « Quel che spinge alcuni a credere è proprio quello che può far dubitare altri: le persone semplici amano i pellegrinaggi: lì, le ragioni del cuore possono essere appagate; e, grazie alla testimonianza di miracoli concreti, sensibili, accettano le grandi verità che, a causa del loro eccessivo splendore, li accecano. I saggi sono sempre scioccati da questi interventi così materiali e bizzarri del sovrannaturale. Ma dove starebbe l' uguaglianza tra i semplici e i saggi, se anche questi ultimi non dovessero compiere uno sforzo di sottomissione e di fede, uno sforzo più necessario e più grande che altrove, come nei dogmi dove trovano una chiarezza e una certezza maggiore? Allora cerchiamo di essere semplici, come bambini... » L' evento de La Salette non è certo facile da interpretare. Il messaggio dai toni forti, la vita dei veggenti scandita da una serie di alti e bassi, i movimenti non sempre ortodossi che ne sono seguiti, hanno reso questo avvenimento meno comprensibile di quanto in realtà esso non lo sia alla luce della fede. Le esperienze umane, nel momento in cui vengono sradicate dal flusso vitale di « tempi e luoghi » in cui hanno avuto origine, divengono oggetto di memoria e quindi « storia » da raccontare; in questo modo, però, si possono caricare di una serie di significati aggiuntivi che rischiano di alterare il fatto o le esperienze stesse. Il discorso diviene ancora più difficile se l' « evento » non si esaurisce nell' ambito delle cose naturali, ma entra nella dimensione carismatica delle apparizioni, dove « qualcosa » di divino si manifesta all' uomo. Eppure, la semplicità di cuore di tanta gente che, come l' emorroissa del vangelo, è ansiosa di toccare il lembo del mantello del Dio che « ci è nascosto », ha reso instancabile il flusso di pellegrini sulla « montagna de La Salette », fino ai nostri giorni.

1. L' AMBIENTE

Sulla strada nazionale francese che va da Grenoble ad Antibes, chiamata attualmente «route Napoléon», in relazione al passaggio di Napoleone al suo ritorno dall' esilio nell' isola d' Elba, si incontra, a 40 chilometri da Gap, un piccolo borgo montano, Corps (sito a 920 metri sul livello del mare). A est di questo paese inizia una vallata in salita che conduce al comune di « La Salette Fallavaux », composto da una dozzina di piccoli villaggi. Le montagne che lo circondano formano una catena montuosa, ed è proprio a nord di questo circolo montuoso, all' altezza di 1800 metri, che Maximin Giraud e Mélanie Mathieu-Calvat faranno la loro esperienza particolare. Nell' inverno 1845-46 le famiglie del comune de La Salette sono afflitte da una grande miseria causata dall' insufficienza dei raccolti e soprattutto dalla malattia delle patate, situazione riscontrabile, oltre che in Francia, in gran parte dell' Europa. Dunque, la gente che popolava queste vallate era segnata dal peso di una vita fatta di stenti e allo stesso tempo di dura fatica, resa ancor più assurda dalla scarsità dei suoi frutti. In tale contesto anche la situazione religiosa risulta problematica: la fede viene messa a dura prova da una vita che richiede tanto, ma in compenso non dà quasi niente. In alcuni documenti si possono trovare descrizioni che si compiacciono nel presentare queste persone come dei blasfemi, lontani da Dio, dediti a beffeggiare qualsiasi cosa legata alla religione; ma sono delle esagerazioni. Infatti, dallo studio dei documenti storici risulta che a Corps sono presenti diverse istituzioni religiose, quali la scuola cattolica (diretta dalle Suore della Provvidenza) e la confraternita del Cuore immacolato di Maria santissima (il cui scopo era la preghiera per la conversione dei peccatori). La frequenza alla messa domenicale era abbastanza regolare. Queste annotazioni sono molto importanti perché aiutano a comprendere il contesto religioso in cui viene poi accolta e interpretata l' apparizione della Vergine a La Salette. Saranno proprio queste persone, dopo l' evento, a invocare Maria come la «Vergine riconciliatrice dei peccatori». Tale titolo non è frutto di un' analisi teologica dell' evento fatta a tavolino da competenti teologi, ma è piuttosto l' espressione della fede di questo popolo che invoca Maria per la « conversione dei peccatori ».

2. I TESTIMONI

Pierre-Maximin Giraud, chiamato familiarmente Mémin, nasce a Corps il 26 agosto 1835, quartogenito di un povero carradore. Non ha ancora compiuto i diciotto mesi che perde la madre; il padre, di lì a poco, si risposa. Una serie di difficoltà lo accompagneranno durante tutto l' arco dell' infanzia. A undici anni non è ancora andato a scuola e non sa né leggere né scrivere e parla solamente il dialetto (patois) locale. Si può sicuramente dire che non ha nemmeno ricevuto una istruzione religiosa; ha appreso con fatica il Pater e l' Ave. Ci troviamo, dunque, di fronte a un ragazzino vivace come gli altri, stando alla descrizione che ne fa il suo compaesano Pierre Selme, presso il quale aveva prestato servizio dal 14 al 20 settembre 1846. Ma alla vivacità si accompagnava una irrequietezza singolare che non lo lascerà mai per tutta la sua vita. Infatti, nell' autunno del 1846, dopo l' apparizione de La Salette, comincia a frequentare la scuola con modesti risultati. Entra poi in seminario all' inizio del 1850 e ne esce nel 1858 per cominciare una vita errante, in cerca di se stesso e della sua identità. Lo ritroviamo nel Vésinet, a Yvelines, come impiegato dell' ospizio (1859); a Parigi; a Yonne, ospite del collegio di Tonnerre; nuovamente a Parigi, dove sembra intenzionato a studiare medicina e a intraprendere la carriera medica. Nel 1865 si reca a Roma e si arruola nel corpo degli zuavi pontifici, prestandovi servizio per sei mesi. Ritorna poi in Francia, dove viene accolto prima da san Pierre-Julien Eymard e poi dalla famiglia Jourdain, che lo adotta e lo tratta come un vero e proprio figlio. Pieno di debiti, Maximin ritorna a Corps, suo paese natale, nel 1869 e si lascia presto coinvolgere in affari economici che sfoceranno nel disastro. Ciò lo porta alla miseria: perseguitato dai creditori, e ammalatosi gravemente, riesce a superare l' inverno del 1874 solo grazie all' aiuto offerto dal santuario e dai Missionari de La Salette. Muore cristianamente a Corps il 1° marzo 1875. L' evento de La Salette aveva fatto di lui un cristiano, ma non aveva eliminato la sua naturale instabilità. Un giorno, terminando il racconto dell' apparizione, disse: « La Vergine, scomparendo, mi ha lasciato con tutti i miei difetti » A fronte di una vita così movimentata, rimangono valide le parole di mons. Félix Dupanloup, vescovo di Orléans: «La leggerezza di Maximin è fuori dal comune, [...] è una persona singolare, bizzarra, incostante, superficiale. [Tuttavia] si assiste ad un istantaneo, strano e profondo cambiamento [quando parla] del grande avvenimento. [...] Ci si aspetterebbe che egli ne parli sempre, aggiungendo dettagli, raccontando quel che ha provato e che prova adesso, ma ciò non accade; egli non aggiunge nulla alle risposte necessarie ».

Francoise-Mélanie Mathieu-Calvat, nasce a Corps il 7 novembre 1831, anch' essa quartogenita di una famiglia numerosa e molto povera. All' inizio del 1847 era ancora possibile vedere una delle sue sorelle mendicare per le vie di Corps. Suo padre, a differenza di quello di Maximin, non aveva un mestiere fisso, come testimoniano gli atti civili. Dall' età di dieci anni Mélanie era stata avviata al lavoro presso vari abitanti della regione, a Quet-enBeaumont, Saint-Luce, ecc.; la sua vita in famiglia era ridotta a ben poco, poiché vi passava quasi esclusivamente i mesi invernali. Affetta da gravi carenze nello sviluppo fisico, segnata dalla mancanza di affetto, abituata a vivere in solitudine le sue giornate di pastorella, Mélanie è una persona dal carattere bloccato. Anche per lei sono valide le parole di mons. Dupanloup che rileva in Mélanie una timidezza mista ad aggressività, che difficilmente permette alla gente di trovarsi a proprio agio con lei; eppure, quando si tratta di parlare dell' apparizione, Mélanie cambia profondamente, divenendo umile, semplice e disinteressata. Segnata quindi da questa grande carenza affettiva, Mélanie non solo si caratterizzerà per i suoi notevoli sbalzi di umore, ma anche lei come Maximin si porterà dietro per tutta la vita come una sorta di inquietudine. Analfabeta, avrà notevoli difficoltà ad apprendere la lingua francese: entrata nella scuola della suore a quindici anni compiuti, si dimostrerà ancor meno dotata di Maximin nella lettura e nella scrittura. Riceverà, insieme con lui, la sua prima comunione il 7 maggio 1848. Nell' autunno del 1850 diviene postulante nella Casa Madre delle Suore della Provvidenza a Corenc presso Grenoble. Nel 1851 fa la vestizione e prende il nome di suor Maria della Croce, ma poi, nel 1853, non viene ammessa ai voti. Parte così per l' Inghilterra, dove a Darlington entra nel Carmelo e fa professione dei voti nel 1856. Ma nel 1860 abbandona il Carmelo. Dopo aver soggiornato presso le Suore della Compassione di Marsiglia, si reca in Italia, dove risiede a più riprese dal 1867 al 1884 e dal 1892 al 1898. Nel 1904 ritorna in Italia e si stabilisce ad Altamura, in provincia di Bari, dove morirà nella notte tra il 14 e il 15 dicembre di quello stesso anno. Nel 1912 Léon Bloy ha pubblicato un libro dal titolo: « Vita di Melania, pastorella de La Salette, da lei stessa scritta nel 1900. La sua infanzia (1831-1846) » [Vie deMétanie bergère de La Salette écnte par elle méme en 1900. Son enfance (1831-1846)]; in esso, la giovane pastorella de La Salette viene presentata come una mistica istruita direttamente e personalmente da Gesù, stigmatizzata dall' età di tre anni e capace dei miracoli dei più grandi santi. Queste affermazioni provengono effettivamente da Mélanie, almeno nelle loro linee essenziali. Eppure nulla di tutto questo era emerso durante le inchieste condotte dall' autorità ecclesiastica per accertare la veridicità dell' apparizione. Come spiegare allora questo cambiamento profondo, in cui l' evento centrale non è costituito più dal fatto de La Salette, ma da altri e numerosi fenomeni sovrannaturali? La causa va ricercata negli anni 1850-53, che segnano il termine dell' evoluzione di un cammino iniziato nel 1847. A partire da questo periodo, Mélanie viene fatta oggetto di una specie di culto da parte delle suore che l' avevano accolta a scuola, e tale atteggiamento diverrà più esplicito durante il noviziato. Suggestionata dalle attenzioni della maestra di noviziato e dalle letture di spiritualità apocalittica offertele come testi di formazione, Mélanie compone nel 1853 un primo racconto autobiografico, infarcito di esperienze mistiche e sovrannaturali. Questo porterà il vescovo di Grenoble, mons. Jacques-Achille-Marie Ginoulhiac a prendere una posizione ufficiale: il 4 novembre 1854 emanerà un decreto dottrinale dove si distingue la Mélanie del 1846, testimone e strumento umile dell' apparizione, dalla Mélanie attuale, che avanza pretese mistiche. In questo decreto si legge: « Dovendo parlare dei due ragazzi de La Salette, non c' è assolutamente bisogno di rilevare che la loro condotta attuale [...] non costituisce una prova contro il fatto dell' apparizione. [...] D' altra parte si cadrebbe egualmente in errore se si pensasse che la prova principale della realtà dell' apparizione derivi dal carattere morale dei bambini all' epoca dei fatti. [...] Ma se le qualità morali dei fanciulli, quali erano il 19 settembre 1846, interessano poco in relazione alla realtà del fatto de La Salette, ancor meno importa quel che sono diventati dopo. [...] Noi siamo convinti che le predizioni attribuite a Mélanie e il significato che vi si attribuisce non hanno alcun fondamento, e siamo altrettanto sicuri che non hanno alcuna importanza in relazione al fatto de La Salette, perché [...] sono certamente posteriori a quest' ultimo e non vi intrattengono alcuna relazione ». Ma la suggestione è tale che Mélanie arriva ad alterare anche il messaggio de La Salette: negli ultimi anni della sua vita aggiungerà al testo ufficialmente approvato dalla Chiesa varie parti di stampo nettamente apocalittico, sviluppando soprattutto quello che, a suo dire, costituisce il segreto affidatole da Maria nell' apparizione. Questi testi, soprattutto quelli relativi al presunto « segreto », conosceranno una sempre crescente diffusione, soprattutto nell' Italia meridionale, a causa dei frequenti contatti di Mélanie con diversi ecclesiastici, primi fra tutti mons. Francesco Saverio Petagna, vescovo di Castellammare di Stabia, e mons. Salvatore Luigi Zola, vescovo di Lecce, oltre al canonico Annibale Maria Di Francia. Entrata ormai in questo vortice inarrestabile, Mélanie cercherà di dare vita anche ad una congregazione religiosa, « L' Ordine della Madre di Dio e degli Apostoli degli ultimi tempi », motivando scelta del nome, inizio della sua costituzione e definizione delle finalità con le sezioni da lei stessa aggiunte al messaggio de La Salette, e pertanto non approvate dalla Chiesa. Comunque, Mélanie darà sempre esempio di una vita penitente, ascetica, fino alla sua morte, avvenuta mentre pregava in ginocchio. Dopo la sua morte, l' interesse creatosi attorno alla sua persona non svanirà. A tutt' oggi è ravvisabile il movimento « melanista », che continua, purtroppo, a diffondere notizie false intorno all' evento de La Salette, a Mélanie stessa, provocando diffidenza e sospetto nei confronti dell' apparizione da parte delle comunità cristiane, di alcuni settori della gerarchia e degli studiosi.

3. IL FATTO

Domenica 13 settembre 1846 Pierre Selme, agricoltore degli Ablandins, arriva a Corps per cercare qualcuno che possa rimpiazzare il suo pastore ammalatosi nel frattempo. Il carradore Giraud allora decide di destinare suo figlio Maximin a questo incarico. Così, da lunedì 14 settembre, Maximin conduce al pascolo le mucche di Pierre Selme; quest' ultimo, conoscendo la leggerezza del ragazzo, non lo lascia solo e lo sorveglia da lontano. I luoghi di pascolo sono quelli dove avverrà l' apparizione. Mélanie si trova già agli Ablandins, a servizio di Baptiste Pra, e anche lei conduce al pascolo, vicino ai luoghi dell' apparizione, le mucche del suo padrone. La sera di venerdì 18 settembre i ragazzi s' incontrano per la prima volta: pur essendo nativi dello stesso paese, Corps, non avevano mai avuto modo di conoscersi prima. La mattina di sabato 19 settembre 1846 Maximin e Mélanie partono insieme per condurre al pascolo quattro mucche ciascuno; Maximin ha con sé anche una capra e un cane. Verso mezzogiorno, quando la campana suona l' Angelus delle dodici, i due pastorelli fanno abbeverare gli animali alla cosiddetta « fontana delle bestie »; poi si avvicinano alla « fontana degli uomini » e lì consumano il loro pasto, a base di pane e formaggio; una volta finito, altri tre pastori arrivano alla fontana e si intrattengono con i ragazzi che, dopo la loro partenza, sentono il bisogno di riposarsi. Dopo una o due ore, Mélanie si sveglia e, non scorgendo più le bestie, chiama Maximin e corre su per il colle a cercarle; Maximin la segue. Trovatele, si tranquillizza e inizia a scendere dal colle. Fatti alcuni passi, Mélanie scorge all' improvviso un globo di luce nel luogo dove avevano lasciato i tascapane. Chiama in fretta Maximin, e insieme cercano di capire cosa stia accadendo: la paura si impossessa dei due ragazzi; Mélanie lascia cadere il suo bastone, mentre Maximin cerca di riprenderlo, per potersi difendere da quella luce. Ma a questo punto i ragazzi scorgono all' interno del globo di luce la figura di una donna, che essi chiameranno sempre la « bella Signora », seduta con i gomiti poggiati sulle ginocchia e il viso nascosto tra le mani; la sentono singhiozzare. La donna si alza lentamente e dice: « Avvicinatevi, figli miei, non abbiate timore, sono qui per annunciarvi un grande messaggio ». È vestita come le donne del villaggio: un abito che scende fino ai piedi, uno scialle, una cuffia sulla testa, un grembiule annodato attorno ai fianchi. La cuffia, l' orlo dello scialle e i piedi sono ornati da ghirlande di rose. Accanto alle rose dello scialle è visibile una pesante catena, mentre al petto porta un crocifisso con ai lati un paio di tenaglie e un martello. Allora la « bella Signora » continua: « Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sono costretta a lasciare libero il braccio di mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo. Da quanto tempo soffro per voi! Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, mi è stato affidato il compito di pregarlo continuamente per voi; voi non ci fate caso. Per quanto pregherete e farete mai potrete compensare la pena che mi sono presa per voi. Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere. E’ questo che appesantisce tanto il braccio di mio Figlio! Coloro che guidano i carri non sanno imprecare senza usare il nome di mio Figlio. Queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio. Se il raccolto si guasta, la colpa è vostra. Ve l' ho mostrato l' anno passato con le patate: voi non ci avete fatto caso. Anzi, quando ne trovavate di guaste, bestemmiavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest' anno, a Natale, non ve ne saranno più ». La parola «patate» (pommes de terre, in francese) mette in imbarazzo Mélanie. Nel dialetto locale, le patate vengono chiamate « las truffas ». La ragazza si rivolge allora a Maximin. Ma la « bella Signora » la previene, continuando il suo discorso non più in francese, ma nel dialetto dei ragazzi: « Voi non capite, figli miei? Ve lo dirò diversamente. Se avete del grano, non seminatelo. Quello seminato sarà mangiato dagli insetti e quello che verrà cadrà in polvere, quando lo batterete. Sopraggiungerà una grande carestia. Prima di essa, i bambini al di sotto dei sette anni saranno colpiti da tremito e morranno tra le braccia di coloro che li terranno. Gli altri faranno penitenza con la carestia. Le noci si guasteranno e l' uva marcirà ». A questo punto, la donna affida un segreto a Maximin e poi a Mélanie; quindi prosegue: « Se si convertono, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi. Fate la vostra preghiera, figli miei? ». « Non molto, Signora », rispondono entrambi. « Ah, figli miei, bisogna proprio farla, sera e mattino! Quando non potete far meglio, dite almeno un Pater e un ' Ave Maria; quando potete fare meglio, ditene di più. A messa, d' estate, vanno solo alcune donne anziane; gli altri lavorano di domenica, tutta l' estate. D' inverno, quando non sanno che fare, vanno a messa solo per burlarsi della religione. In Quaresima, vanno alla macelleria come i cani. Avete mai visto del grano guasto, figli miei? ». « No, Signora », rispondono. Allora la donna si rivolge a Maximin: «Ma tu, figlio mio, lo devi aver visto una volta con tuo padre, verso la terra di Coin. Il padrone del campo disse a tuo padre di andare a vedere il suo grano guasto. Vi andaste tutti e due, prendeste in mano due o tre spighe, le stropicciaste e tutto cadde in polvere. Al ritorno, quando eravate a mezz' ora da Corps, tuo padre ti diede un pezzo di pane dicendoti: "Prendi, figlio mio, mangia ancora del pane quest' anno, perché non so chi ne mangerà l' anno prossimo, se il grano continua in questo modo"». « Oh, sì, Signora, ora ricordo: prima non me lo ricordavo! », risponde Maximin. La donna riprende a dire in francese: «Ebbene, figli miei, fatelo conoscere a tutto il mio popolo». Poi inizia a muoversi, attraversa il ruscello e, senza voltarsi, ripete: « Andiamo, figli miei, fatelo conoscere a tutto il mio popolo ». La « bella Signora » risale il sentiero sinuoso che porta al Collet e si eleva da terra; i pastorelli la raggiungono e si accorgono che guarda prima il cielo e poi la terra. A quel punto, la donna inizia a fondersi nella luce, e quest' ultima, a sua volta, scompare.

4. L' ACCOGLIENZA DEL FATTO E L' APPROVAZIONE DELLA CHIESA

Testimoni di un evento straordinario, Maximin e Mélanie ritornano a valle, e sarà lo stesso Maximin a darne notizia sia al suo padrone, Pierre Selme, che al padrone di Mélanie, Baptiste Pra. La mattina seguente Pierre Selme e Baptiste Pra inviano i pastorelli dal parroco del villaggio de La Salette, Jacques Perrin, che, toccato dal racconto dei ragazzi, parla subito dell' apparizione nell' omelia domenicale. Da questo momento inizia il lungo cammino d' indagine sull' accaduto per verificarne la veridicità. Il vescovo di Grenoble, mons. Philibert de Bruillard, è ufficialmente informato del fatto il 5 ottobre 1846, attraverso la lettera dell' arciprete di Corps, Pierre Mélin: «Desidero comunicare a sua Eccellenza la cosa più straordinaria che io abbia inteso da quando esercito il ministero. Mi atterrò ai dati principali: sabato 19 settembre due bambini della parrocchia di Corps hanno visto, verso le tre o le quattro del pomeriggio, una Signora… » Leggendo questa lettera, il vescovo di Grenoble ha l' impressione che il curato Mélin sia troppo preso dalla fretta di trarre conclusioni. Quindi scrive a margine della lettera « à examiner de nouveau » (« da riesaminare »), chiedendo all’arciprete di Corps maggiori informazioni. Senza però nemmeno attendere la risposta di Mélin, mons. de Bruillard il 9 ottobre invia una lettera circolare a tutti i preti della sua diocesi e, ricordando loro le prescrizioni sinodali del 1829, li invita ad astenersi dal dichiarare miracoli nuovi senza l' autorizzazione del vescovo e della Santa Sede, aggiungendo: « Non abbiamo fatto alcun pronunciamento sui fatti in questione. La saggezza e il dovere ci impongono, dunque, il più grande riserbo e, in modo particolare, un silenzio assoluto in materia durante la predicazione ». Il 12 ottobre Mélin risponde al vescovo cercando di prevenirlo in qualsiasi dubbio. Ma mons. de Bruillard non si accontenta delle sue informazioni e quindi fa continuare le ricerche fino a che non istituisce una commissione apposita che presiede lui stesso. La prima riunione della commissione ebbe luogo l' 8 novembre 1847 Dopo quattro anni di ricerche, il 19 settembre 1851 mons. de Bruillard firma il decreto di approvazione dell' apparizione della Vergine a La Salette, decreto che verrà pubblicato il 10 novembre. E’ singolare l' introduzione del vescovo: « Nonostante il naturale candore dei due ragazzi... nonostante la costanza e la fermezza della loro testimonianza... per lungo tempo noi abbiamo dovuto mostrarci scettici e incapaci di ammettere, in modo incontestabile, un avvenimento così meraviglioso... Così abbiamo cercato con cura meticolosa tutte le ragioni per rigettarlo e non ammetterlo, sebbene una folla di anime pie lo avesse accolto con grande risonanza ». Si può riconoscere, in queste parole, la saggezza della Chiesa che non corre mai nei suoi giudizi; dopo una serie di considerazioni, il decreto così continua: « Art. 1 - Noi giudichiamo che l' apparizione della santa Vergine a due pastorelli il 19 settembre 1846, su una montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia de La Salette... porta in se stessa tutti i caratteri della verità, e che i fedeli hanno fondate ragioni per ritenerla indubitabile e certa. Art. 2 - Noi crediamo che questo fatto acquisti un nuovo grado di certezza per l' accorrere spontaneo e immenso di fedeli sui luoghi dell' apparizione... Art. 3 – E’ per questo, per testimoniare a Dio e alla gloriosa Vergine Maria la nostra viva riconoscenza, che noi autorizziamo il culto a Nostra Signora de La Salette... ».

 

LINGUAGGIO DELL' APPARIZIONE:

«Ciò che sorprende chi si avvicina all' evento de La Salette è senz' altro il linguaggio usato da Maria. Abbiamo avuto modo di vedere come sia fatto di immagini e pensieri duri, a volte minacciosi, a volte invece capaci di far balenare la luce della speranza. Comunque sia, un linguaggio forte, che non ammette mezze misure: patate che non si trovano più; noci che si guastano; uva che marcisce; bambini vittime della malattia e della morte; lavoratori che si burlano della religione e della domenica; bestemmie; persone che si comportano come cani perché in Quaresima comprano e mangiano carne; carestia e fame; rocce che si trasformano in mucchi di grano e patate che nascono da sole nei campi... Il primo passo da fare consiste, allora, nello scoprire la fonte di questo linguaggio, tenendo presente che cosa è il linguaggio stesso. Se qualcuno ci chiedesse che cosa è una lingua, forse risponderemmo subito che si tratta di un insieme di parole sottoposto a precise regole di grammatica. Questo è vero, ma non è tutto. Le parole, le frasi, non sono entità a sé stanti, ma indicano il rapporto che ci lega alle cose, agli altri o agli eventi da essi significati. In pratica, il linguaggio è la chiave che permette alle persone di entrare nella realtà, di ordinarla, di comprenderla e di entrare in relazione con essa. Parlare in un certo modo piuttosto che in un altro, scegliere alcune espressioni invece di altre, è segno della comprensione che una persona ha di se stessa e del mondo che la circonda. Un autore contemporaneo, Mario Pollo, afferma: «Il mondo dell' uomo è il suo linguaggio, dove il termine linguaggio sta a indicare la facoltà umana, e cioè la capacità umana, di produrre linguaggi, e non un linguaggio particolare. E’ il linguaggio che fornisce all' uomo la disponibilità delle potenzialità positive e negative del mondo. Lo stesso mondo materiale è indisponibile senza la mediazione del linguaggio organizzata dalla cultura sociale. La natura non dà all' uomo nessuna possibilità se essa non è letta e organizzata culturalmente da uno o più linguaggi. D' altronde lo stesso Antico Testamento narra che Dio dona all' uomo la signorìa sul creato facendogli dare un nome agli animali della campagna e agli uccelli del cielo che egli aveva creato. L' azione di dare forma linguistica alla realtà della creazione è quella che consente all' uomo di utilizzare i doni, o potenzialità, di cui la stessa creazione è portatrice ». Quindi, il fatto che Maria usi, a La Salette, un determinato linguaggio va visto come segno della sua comprensione degli eventi e delle persone: in altre parole, il parlare di Maria ci porta all' esperienza di Maria, a quello che lei ha di più profondo, al cuore della sua persona, della sua vita e del suo relazionarsi alla storia. Al centro della persona di Maria c' è Dio: è la piena di grazia (Lc 1,26-28), la Vergine che accoglie, nello Spirito, il mistero divino che si manifesta nella persona del suo Figlio Gesù (Lc 1,29-38). Maria, dunque, comprende se stessa e il mondo a partire da Gesù: il suo linguaggio nasce e si radica in questo evento fondamentale (Lc 2,15-19; 2,22-35; 2,41-50; 11,27-28). Ma le parole usate dalla Vergine a La Salette, nello stesso tempo, fanno parte del patrimonio tipico e abituale di quella gente contadina: esse riflettono il mondo di quelle persone, fatto di patate, di uva, di insetti, di offese, di dolore, di morte, di grano marcio e di grano buono, di pietre e sassi. Istruita dalla fede di Israele e dalla sequela del suo Figlio, Maria sperimenta che Dio non vuole rimanere lontano dal mondo: egli è colui che viene nella vita degli uomini, e che non può essere pensato senza fare riferimento al suo popolo. Commentando la vocazione di Mosè e la rivelazione del nome di Dio (Es 3,13-15), un teologo contemporaneo dice: « L' agiografo lascia chiaramente intendere che un dio senza popolo, un padre senza figlio, fosse pure Jhwh, non sarebbe altro che un povero Elohim errante al pari dell' arameo, errante egli pure, ma ognuno per conto suo. Prima di potersi definire in rapporto a Israele, Dio era dunque un povero Elohim in mezzo a tanti altri, senza un popolo che potesse rivendicarlo come suo Signore e padre. Piantando un giardino in Eden per collocarvi Adamo, strappando Israele al luogo pre-relazionale per farne il suo popolo e divenendo a sua volta il loro Dio, il Signore va oltre la sua precedente condizione di esistenza e si avvia verso quella condizione nuova che sarà per lui il punto di non ritorno ». Quindi per Dio è essenziale «stare con», condividere cioè la vita di coloro che lo riconoscono: la conseguenza più naturale è il sentire come proprio il mondo di coloro cui ci si è legati. Come Dio si lega alla storia, così anche il credente e, a maggior ragione Maria, viene inserito dallo Spirito in questo dinamismo divino, che culmina in Gesù: nessun luogo e nessuna cultura gli sono estranei, perché tutti vivono e si muovono immersi nella vicinanza di Dio. Sulla base di queste coordinate, si può interpretare il discorso della Vergine come parlare profetico: la parola profetica, infatti, nasce e si sviluppa nel momento in cui Dio, nel suo agire e nella sua fedeltà all' alleanza, diviene « chiave di lettura » delle esperienze e degli eventi. Dal momento che l' agire e la fedeltà divini si fanno carne e sangue in Gesù (Gv 1,14.17-18), si deve riconoscere che la parola profetica nasce e si sviluppa nella sua sequela: solo nel confronto vitale con la persona e la prassi del Rabbi di Nazaret si è in grado di contemplare la profondità dell' alleanza liberamente stabilita dal Padre con Israele e diretta a ogni popolo. L' interpretazione dell' uomo, del mondo e della storia realizzata da Maria a La Salette sono dunque segno del discepolato della Madre del Signore: discepolato costruito e maturato nell' ascolto della parola di Dio definitivamente rivelata e compiuta dal messia d' Israele. E questa parola annunciata dal Cristo che modella gli atteggiamenti vitali di Maria. Con il termine «atteggiamento» si è soliti indicare un modo di essere della persona che coinvolge le sue diverse componenti: quella cognitiva (ossia le conoscenze, le valutazioni, le informazioni, le motivazioni); quella comportamentale (il modo con cui ci si dispone ad agire); e quella affettiva (le emozioni, gli stati d' animo, i sentimenti). E’ sempre questa parola che costruisce e determina il quadro simbolico di tutta l' apparizione. E infatti da qui che si deve partire per cogliere l' esatta «lunghezza d' onda » in cui Maria si è posta il 19 settembre 1846. Ogni atto concreto del comunicare e del parlare, ossia le parole e le frasi che vengono di fatto usate, non appartengono solamente al campo del comportamento umano, della comunicazione e del parlare generico; né appartengono semplicemente a una lingua ben definita. Esse fanno parte di un determinato e distinto modo di parlare, che il filosofo Ludwig Wittgenstein definisce «gioco linguistico». Questa definizione nasce dall' analogia che intercorre tra i vari usi della lingua e i diversi giochi: un gioco, per essere tale, ha bisogno di regole che ne definiscano i partecipanti e gli obiettivi. Prendiamo gli scacchi. Qui l' identità dei vari pezzi, come il re o la torre, viene individuata non dalla loro forma (il re ha la corona più grande, la torre imita quelle vere, il cavallo lo stesso, il pedone è più piccolo, e così via), ma dalle regole convenzionali che fissano i loro movimenti: ogni pezzo può fare solo alcuni spostamenti e non altri che spettano a pezzi differenti. Analogamente, il significato di una o più espressioni linguistiche è determinato dalle regole con cui esse vengono usate in certe determinate situazioni. Queste regole costituiscono la logica particolare di ogni gioco linguistico, vale a dire la grammatica che gli permette di essere compreso, e che deve essere sempre osservata pena la non comunicazione. Alcuni esempi di «giochi linguistici »possono essere: - l' elaborare un' ipotesi scientifica e verificarla, - l' impersonare un personaggio in teatro, - il chiedere, - l' imprecare, - il salutare, - il pregare. Volendo fare un esempio, non è possibile stilare un referto medico allo stesso modo di una poesia: se qualcuno facesse così, il suo messaggio non verrebbe capito. Il referto medico obbedisce alle regole del suo gioco linguistico, e questo gli dà una certa forma linguistica; la poesia obbedisce al proprio, che le conferisce una forma sua particolare, diversa da quella del referto medico. Va dunque individuato il « gioco linguistico » proprio dell' apparizione de La Salette, ossia la grammatica propria che ordina logicamente l' atteggiamento insieme di denunzia e di speranza, la dialettica peccato-conversione, il coinvolgimento personale nel dramma in corso, il susseguirsi dei pensieri e delle immagini, rendendoli significativi a chi ascolta. Il «luogo » dove cercare è, come abbiamo detto, la parola di Dio, perché è questa che si pone al centro degli atteggiamenti vitali di Maria. Analizzando le sue forme espressive, si può fondatamente ritrovare (e riconoscere) questo «gioco linguistico » nella tipica struttura teologico-esistenziale del rib profetico (o controversia bilaterale) quale ci è attestato dalla sacra Scrittura: il rib, controversia bilaterale, è il « gioco linguistico » che permette di comprendere in maniera significativa l' apparizione de La Salette. Nel suo articolarsi, la controversia bilaterale si presenta come un processo intentabile solo da due persone che si trovino tra loro in regime di alleanza e concerne le infrazioni o i tradimenti di quest' ultima: i contendenti però non vogliono o non possono risolvere la loro vertenza ricorrendo a un giudice. Lo scopo del rib non è, comunque, quello di sancire la rottura dell' alleanza e conseguentemente la condanna del traditore (la morte, nel diritto sacrale dell' antico Oriente), ma è costituito dalla ricerca di un accomodamento tra le parti in lite, in modo tale da rendere nuovamente funzionante l' alleanza che li lega, in tutti i suoi aspetti. Ricordando il cammino sin qui compiuto, sarebbe però limitativo considerare il rib come un semplice genere letterario, ossia una pura costruzione linguistica fatta di regole che articolano la scelta e il succedersi delle parole o delle immagini. In quanto « gioco linguistico», ossia manifestazione della lingua (che, come abbiamo visto, costituisce la forma della vita umana in quanto tale), il rib manifesta una particolare percezione della realtà, di se stessi, del mondo, della storia, di Dio. E’ espressione letteraria di un' esperienza umana e insieme divina: è la simbolizzazione dell' incontro tra la realtà di Dio e la realtà dell' uomo nel concreto della storia. In altre parole, il « gioco linguistico » del rib introduce alla conoscenza esistenziale di Dio e alla conoscenza esistenziale della persona umana, e la rende possibile. E’ il suo linguaggio rivela il volto di un Dio appassionato che, di fronte al fallimento umano, si impegna ad aprire un orizzonte gratuito di speranza perché è il Dio con noi: la logica intrinseca al rib è, dunque, la logica dell' incarnazione, la logica di Gesù, la logica della croce e della risurrezione. Un noto teologo contemporaneo, Riccardo Tonelli, afferma: « E’ vero che il mondo di Dio e quello dell' uomo sembrano lontani e incomunicabili. Dio è il totalmente altro, l' ineffabile e l' indicibile. L' uomo è lontano da Dio perché è creatura e perché ha deciso un uso suicida della sua libertà e responsabilità nel peccato. Dio e l' uomo sono i "lontani" per definizione e per scelta. Questa però non è l' ultima parola. La parola decisiva è invece Gesù di Nazaret. In lui, Dio si è fatto vicino all’uomo: e diventato "volto" e "parola". E l' uomo è stato ricostruito in una novità così insperata da diventare il volto e la parola di Dio. In Gesù di Nazaret i lontani sono ormai diventati i vicini", in una realtà nuova che ha trasformato radicalmente i due interlocutori. Sempre la fede della Chiesa ha riconosciuto a Gesù il titolo di "mediatore". Egli non è solo colui che fa la mediazione. E’ la mediazione fatta persona: una persona nuova in cui Dio e l' uomo sono in dialogo pieno e totale. La grande mediazione è Gesù "uomo"; per questo l' umanità dell' uomo è, in piccola misura e in potenzialità totale, mediazione tra il mondo della trascendenza e quello dell' immanenza. [...] L' umanità quotidiana dell' uomo è il sacramento in cui Dio si fa presente e vicino, per attuare il suo progetto di salvezza ». Quindi « l' evento dell' incarnazione indica l' educabilità di ogni cultura, la possibilità, cioè, di far balenare da ogni cultura umana i segni della speranza e della redenzione ». Un classico esempio di rib è costituito dai capitoli 2,1-4,4 del profeta Geremia; proprio questo testo, che contiene molte somiglianze di ordine letterario con il messaggio de La Salette, sarà un costante punto di riferimento per la sua comprensione e la sua divisione contenutistica: l' analisi sarà perciò condotta tenendo i due testi in sinossi.